Basilica Cattedrale – Cesena 24 giugno 2025
La festa che celebriamo oggi, in modo solenne, ci aiuta a riflettere sull’opera di Dio nella storia degli uomini. Una storia attraversata in modo silenzioso, spesso non capita, ma impregnata di quella promessa alla quale Dio è fedele sempre. La storia di Giovanni Battista potrebbe essere la nostra perché anche in ognuno di noi, credenti e non, a volte in modo misterioso, altre volte in modo diretto, il Signore interviene affinchè ognuno diventi protagonista per il bene dell’umanità.
Carissimi fratelli e sorelle nella fede, autorità civili e militari, confratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi e religiose, vi saluto e ringrazio per la vostra presenza, in questo giorno tanto caro ai Cesenati, per la festa della nascita di S. Giovanni Battista.
Il Dio nel quale crediamo è il Dio della speranza, che porta speranza, facendo ringiovanire anche la carne invecchiata perché diventi feconda di vita. E’ indicativo e significativo che Zaccaria ed Elisabetta, avanti negli anni, ormai vivono da rassegnati, senza più prospettive per il futuro. Un futuro che appare buio, senza intravedere uno squarcio di luce. Eppure, nonostante la l’apparente rassegnazione, non si spegne in loro la confidenza in quel Dio che continuano a servire. Quante umiliazioni, quanti giudizi subiti! L’hanno servito, amato, ascoltato, seguito, ma la loro esistenza è risultata mancante di quella fecondità che ridà il sorriso, la voglia di danzare.
Zaccaria ed Elisabetta hanno sofferto per tutta la vita a causa della loro sterilità. Si sono sentiti umiliati nel subire un’ingiustizia così grande. I loro desideri infranti, i loro progetti portati via dal vento senza nessuna risposta. Ed è proprio quando ormai tutto volgeva al termine che avviene l’imprevedibile, l’impensato: improvvisamente la speranza si riaccende, la vita ritorna a pulsare nel ventre ormai vecchio di Elisabetta.
Oggi vediamo la nostra gente, come Elisabetta e Zaccaria, stanca, sfiduciata, bisognosa di speranza, affamata di giustizia. La pandemia prima e i tanti conflitti di guerra aperti in questo tempo, hanno ulteriormente aggravato la situazione, facendo emergere il lato più brutto dell’umanità, quello che sfrutta le debolezze e la criticità del momento e che, senza scrupoli né etica, ha innalzato il suo dio, il dio denaro, a idolo da adorare. E in questo contesto, a pagare sono sempre e solo i poveri.
Insieme, noi tutti organismi che lavoriamo per il bene comune della nostra gente e del nostro territorio, siamo invitati a trovare, seppur nella diversità e nel rispetto delle opinioni, un linguaggio che esprima il senso della collegialità, del rispetto, della progettualità seria e condivisa. Come ha ricordato a noi vescovi recentemente, Leone XIV, “È in questo modo che siete chiamati a vivere il vostro ministero: collegialità tra voi e collegialità con il successore di Pietro. Questo principio di comunione si riflette anche in una sana cooperazione con le Autorità civili. La CEI è infatti luogo di confronto e di sintesi del pensiero dei Vescovi circa le tematiche più rilevanti per il bene comune. Essa, all’occorrenza, orienta e coordina i rapporti dei singoli Vescovi e delle Conferenze episcopali regionali con tali Autorità a livello locale”.
La nascita di Giovanni Battista scioglie la lingua di suo padre che era rimasto muto perché non si era fidato delle promesse di Dio, nonostante continuasse a servirlo nel Tempio come Sacerdote. Questo ci dice che si può essere di Dio ma non sempre si è capaci di parlare nella quotidianità il linguaggio di Dio che si fa carne nella nostra carne. Il mutismo di Zaccaria è il mutismo dell’umanità, della Chiesa, del potere, di fronte alle tante ingiustizie che vengono perpetrate nel tempio e nel tempo. E’ il mutismo di chi si lascia avvolgere dagli incensi, che si lascia ammaliare dalle parate, dai titoli e posti da occupare, senza servire la vita, amarla, accompagnarla. Meglio ancora, senza viverla.
La lingua che si scioglie esprime la forza, che viene dall’alto, di rendere possibile ogni cosa, di andare controcorrente, sfuggendo alla tentazione del “si è sempre fatto così”. E’ questo il senso del nome che viene dato al nascituro: non il nome di suo padre, secondo tradizione e consuetudine, ma Giovanni che significa «il Signore fa grazia, misericordia». E’ il programma che Dio continua a portare avanti per il bene dell’uomo, su tutta la terra, nonostante questi talvolta gli stia lontano. Per il Giubileo dei politici, Papa Leone XIV ci ha indicato tre linee di riflessione per una politica autenticamente al servizio della persona e della società: giustizia, dialogo, innovazione. Primo, il richiamo a una maggiore equità sociale. Una buona politica, ci ha ricordato, può prevenire ingiustizie e conflitti, favorendo “un’equa distribuzione delle risorse” e promuovendo la pace. Da qui il riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, presentata come ulteriore fondamento per una politica che metta la persona al centro, riconoscendone la dignità integrale e rispettandone la coscienza. Ancora, il Papa ha voluto sottolineare quanto sia importante che i politici vigilino affinché “la tecnologia non diventi strumento di controllo o esclusione”, ma resti “al servizio del bene comune e delle giovani generazioni”.
Se come modello ha citato Tommaso Moro, non da meno per noi Cesenati è Giovanni Battista, fin dalla nascita chiamato a preparare la strada al Signore, nonostante fosse come “voce di uno che grida nel deserto”. E’ uomo di giustizia che difende e desidera il bene del popolo, che denuncia soprusi e inganni, che paga con la vita. Ogni volta che si scioglie la lingua a qualcuno che parla il linguaggio di Dio, meglio che parla da Dio, la gente rimane stupita, affascinata, ma anche perplessa e timorosa. Mi piace dire con un linguaggio laico, attraverso la poesia e la musica del grande Franco Battiato, cosa si avverte e si vive: “perché mi piace ciò che pensi e che dici. Perché in te vedo le mie radici … Cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male, essere immagine divina di questa realtà. E ti vengo a cercare perché sto bene con te, perché ho bisogno della tua presenza”.
Come scrivo nella mia prima lettera pastorale, che a giorni vi sarà consegnata, “siamo, dunque, parte integrante di un mondo ferito che ci precede e ci accompagna. Sono ferite che sentiamo aperte e sempre più incancrenite. Chi ne paga il prezzo più caro sono proprio i fragili, i piccoli, i diseredati, gli indifesi, perché esclusi dal benessere, dalla giustizia sociale, dalla libertà e dai diritti umani; sono esclusi dalla tenda di cui parla Isaia sotto la quale c’è un pane condiviso, dalla casa comune che ci ospita come figli e fratelli”.
Da Cesena, in questo giorno solenne, vogliamo anche noi, sull’esempio del nostro Santo Patrono, Giovanni Battista, lanciare un appello affinchè si metta fine ad ogni guerra, qualunque essa sia. Se è vero che tutti i Paesi hanno il dovere di operare e agire per vivere in pace, anche noi individui siamo invitati ad avviare percorsi che portino alla riconciliazione. Ognuno di noi, soprattutto dopo aver partecipato a questa eucaristia, deve sentirsi coinvolto nel tracciare solchi di giustizia e di pace, contribuendo a costruire un mondo più sicuro nel rispetto e nella promozione dei diritti e della dignità di tutti.
La Madonna del Popolo preghi per noi e S. Giovanni Battista sia nostro esempio di vita spirituale, di vita morale, d’impegno civile.
✠D. Pino, Arcivescovo