Omelia dell’Arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo per la Festa della Madonna del Popolo

OMELIA SOLENNITA’ MADONNA DEL POPOLO

Basilica Cattedrale di Cesena

04 maggio 2025

 

 

Carissimi,

ci ritroviamo insieme come Chiesa di Cesena-Sarsina, in comunione con la Chiesa intera, per celebrare la III Domenica di Pasqua che quest’anno coincide con la solennità della Madonna del Popolo, patrona principale della nostra Città e della Diocesi di Cesena-Sarsina.

Viviamo questo momento affidando alla Vergine Santa, in preghiera nel Cenacolo con gli Apostoli, un altro Cenacolo, quello del Conclave del Collegio cardinalizio, riunito per l’elezione del successore di Pietro dopo la nascita alla vita eterna del caro e indimenticabile Papa Francesco.

Anche noi, come la prima Chiesa, avvertiamo l’urgenza del momento di ritrovarci “perseveranti e concordi nella preghiera, … insieme a Maria, la Madre di Gesù, e ai fratelli sparsi su tutta la terra”.

Lo facciamo coscienti che Pietro è chiamato a gettare le reti nel mare dell’umanità non come lui vorrebbe ma come lo Spirito del Signore risorto gli indica, proprio nel momento in cui ogni suo sforzo e degli apostoli sembrerebbe vanificato: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete», dice Gesù. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. E’ un brano che ci rimanda al primo incontro che Gesù ebbe su queste stesse rive con gli stessi uomini, pescatori che non avevano preso nulla. La barca è simbolo della Chiesa. Senza la presenza di Gesù sulla barca, vane sono le fatiche e gli sforzi degli esperti pescatori. La Chiesa anche oggi è chiamata non solo ad annunciare un Gesù storico, quale personaggio che ha proferito insegnamenti, ma un Gesù che concretamente è risorto, è vivo, è in mezzo a noi. È questo cambio di prospettiva che ci rende in lui risorti e credibili.

Questo tempo pasquale, nonostante la sofferenza per la dipartita di Papa Francesco, è il tempo del Magnificat. Le parole della Madonna diventano quelle del Popolo in ascolto di Dio, in cammino con la Madre a noi donata dal Figlio, nostro Maestro e Signore. Il discernimento sinodale, ci invita a vivere la speranza in Colui che ha distrutto la morte. Benedetto XVI direbbe: “La Madonna con questa lode del Signore dà voce a tutte le creature redente che nel suo “Fiat”, e così nella figura di Gesù nato dalla Vergine, trovano la misericordia di Dio”.

Attorno a noi, come al tempo della Madonna, a Nazareth come a Gerusalemme, a Gaza come a Kiev, nel Sudan come in tante altre parti del mondo silenziate, l’ingiustizia, l’oppressione, le invasioni, il sangue innocente, le fosse comuni, le spartizioni delle terre, la creazione di isole felici per pochi a scapito della maggioranza, ritornano come rigurgiti di un male assoluto che vuole imprigionare e schiavizzare la dignità umana.

Maria si mette in cammino, attraversando queste stesse terre, portando dentro di sé l’unica speranza che non tradisce nessuno uomo, Gesù, il quale ci rende “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclamiamo le opere ammirevoli di lui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”.

Lo stesso Dio che attraverso lo Spirito Santo avvolse la Vergine di Nazareth rendendola feconda del suo Figlio Gesù, entra nelle case vicine e lontane, attraversa le strade e si specchia in ognuno di noi che si lascia abbracciare dalla tenerezza della Madre.  Questo abbraccio amorevole ci accompagna a servire l’umanità ferita mortalmente, a seminare vita laddove altri seminano morte, pace dove gli altri seminano guerra e terrore.

Anche ai nostri giorni è forte la tentazione di legiferare norme che stridono con il vangelo, che causano discriminazioni.  Stare insieme e portare i pesi gli uni degli altri è la logica del vangelo e non quella del profitto, del benessere, del populismo.

Ed è sempre lo stesso Dio che, avendo rotolato la pietra tombale del Figlio Gesù, attraverso lo stesso Figlio risorto, si avvicina ai nostri cuori affranti, impauriti, delusi, stanchi e scoraggiati, spezza il pane per dirci: «Venite a mangiare». Anche in questo caso c’è un esplicito riferimento ai cinque pani e due pesci spezzati, donati ai discepoli perché li distribuiscano. E’ un chiaro invito alla condivisione dei beni perché nessuno si debba sentire mancante di qualcosa. A Cana di Galilea Gesù si rivelò, per l’intervento di sua Madre Maria, come Signore, capace di mutare completamente gli elementi naturali.

Come alle nozze di Cana non c’era più vino, cioè amore, fraternità, capacità di condivisione, così sulle rive di Tiberiade gli apostoli non hanno nulla da offrire a Gesù, sono cioè incapaci di saper condividere il poco a loro disposizione. A Cana Gesù cambiò il contenuto, non i contenitori, che rimasero inalterati. Questo è metafora del fatto che il miracolo, per intercessione di Maria, mette in noi uno spirito nuovo, rimanendo noi gli stessi. Gesù, anche oggi, per intercessione della Mamma celeste che gli ricorda che non abbiamo più vino, trasforma l’acqua in un vino più buono. Lo stesso pane eucaristico, presenza reale di Cristo nel seno di Maria, spezzato da Lui per tutti, viene richiamato dal pane e dal pesce arrostito.

Se, come dice l’evangelista Giovanni, il miracolo di Cana di Galilea “fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”, vuol dire che questi segni, quale sua presenza attiva, nell’oggi della storia, sono “l’attesa della sua venuta”.

E questa attesa vissuta con Maria in preghiera, crea attorno a lei, abbracci di fraternità, con logiche altruiste, capaci di abbattere steccati e muri, costruire ponti che ci fanno incontrare, stare insieme, condividere, gioire.

Celebrare la solennità della Madonna del Popolo significa, allora, celebrare l’unità della Chiesa attorno a Simone di Giovanni, Vicario di Cristo, Sommo Pontefice (che fa da ponte tra Dio e gli uomini, tra il cielo e la terra). Al Pietro che a giorni ci sarà donato, Gesù chiede per tre volte: «mi ami più di costoro?». Davanti alla sua risposta insicura e positiva, perchè cosciente dei suoi limiti e fragilità, Gesù gli affida la missione di stare a capo della Chiesa universale: «Pascola i miei agnelli e le mie pecore».

Affidiamo alla nostra Madonna del Popolo la Chiesa universale, che vive l’attesa del suo nuovo Pastore; l’umanità intera, soprattutto quella piagata nel corpo e nello spirito. Preghiamo per quanti hanno responsabilità di governo affinchè la loro azione sia indirizzata verso il bene di tutti, difendendo e promuovendo la dignità di ogni persona. Ai suoi piedi poniamo le nostre famiglie, soprattutto quelle in crisi, i piccoli, i ragazzi, i giovani: siano capaci di aborrire ogni forma di violenza e promuovere il culto e l’amore alla vita. Ogni sofferente, ogni persona disincantata dal trascendente cosicchè vive nel dubbio e in conflitto con la Chiesa, ogni anziano, ogni cercatore di verità e di libertà, affidiamo alla maternità di Maria, invocando la sua preghiera e benedizione.

Concludo con questo stupendo pensiero di S. Ambrogio: “Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria a esultare in Dio; se, secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo; ognuna infatti accoglie in sé il Verbo di Dio… L’anima di Maria magnifica il Signore, e il suo spirito esulta in Dio, perché, consacrata con l’anima e con lo spirito al Padre e al Figlio, essa adora con devoto affetto un solo Dio, dal quale tutto proviene, e un solo Signore, in virtù del quale esistono tutte le cose” (Esposizione del Vangelo secondo Luca, 2, 26-27: SAEMO, XI, Milano-Roma 1978, p. 169).

Così sia.