Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo
E’ nato a Isola di Capo Rizzuto, nell’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, il 4 aprile 1956.
Ha conseguito la Maturità classica presso il Liceo del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Reggio Calabria e ha proseguito la sua formazione nel Seminario Teologico Calabro “S. Pio X” di Catanzaro, dove ha acquisito il Baccalaureato in Teologia. Trasferitosi a Roma, ha ottenuto il dottorato in Sacra Liturgia al Pontificio Istituto Liturgico S. Anselmo.
È stato ordinato presbitero il 10 ottobre 1981 nella Cattedrale di Crotone.
Tra gli incarichi pastorali più significativi: Vicario parrocchiale di Santa Caterina da Siena dal 1982 al 1983; Vicario parrocchiale nella nascente parrocchia di S. Paolo Apostolo a Crotone dal 1983 al 1984; Parroco di S. Paolo Apostolo a Crotone dal 1985 al 2016; Membro del Consiglio Presbiterale; Membro della Commissione Diocesana di Arte Sacra dal 1994 al 2007; Delegato Episcopale per l’Evangelizzazione dal 1995 al 1996; Membro del Collegio dei Consultori dal 1996 al 1999 e dal 2004 al 2007; Membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero dal 2003 al 2007; Membro per la Consulta Nazionale per la Liturgia presso la CEI dal 1996 al 2010; Direttore del Centro Diocesano Vocazioni dal 2005 al 2006; Rettore del Seminario Minore Diocesano e Delegato Diocesano per i Seminaristi del Seminario Maggiore dal 2005 al 2008; Direttore dell’Ufficio Liturgico Regionale e Diocesano dal 1996 al 2010; Vicario Episcopale per il Clero e la Vita Consacrata dal 2012 al 2016.
Inoltre, ha insegnato Sacra Liturgia, Teologia del Laicato, Teologia Morale, Sacramentaria presso l’Istituto Diocesano di Scienze Religiose di Crotone ed è stato docente di Sacra Liturgia ed Evangelizzazione e Ministeri della Parola presso l’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” di Catanzaro.
Eletto alla Sede Arcivescovile di Matera-Irsina il 12 febbraio 2016, ha ricevuto l’Ordinazione episcopale il 2 aprile 2016.
Il 21 marzo 2018 è stato nominato dalla C.E.I. Presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici Nazionali. Dal maggio 2022 è stato eletto membro della Commissione liturgica della C.E.I.
Dal 4 aprile 2023 ha guidato la Diocesi di Tricarico, unita in persona episcopi all’Arcidiocesi di Matera-Irsina.
Il 7 gennaio 2025 è stato trasferito alla Diocesi di Cesena-Sarsina.
Descrizione dello stemma: D’argento, alla vite fruttifera e fogliata di tre pezzi al naturale, nodrita dalla pianura di verde, e sormontata da tre stelle d’azzurro a cinque punte male ordinate; cappato ritondato: nel 1° di rosso, al libro aperto d’argento attraversato da una spada posta in palo dello stesso; nel 2° d’azzurro, all’ombra di sole d’oro caricata dalla legenda CHARITAS di nero, ogni sillaba su una riga.
Lo scudo accollato ad una croce astile trifogliata d’oro gemmata di otto pezzi di rosso, e timbrato da un cappello prelatizio a dieci nappe per lato, il tutto di verde.
Motto: OMNIUM ME SERVUM FECI.
Lo stemma di Mons. Caiazzo, come è in uso comune per gli stemmi episcopali di nuova creazione, richiama in una sintesi simbolico-raffigurativa, le origini del titolare, la sua storia, ma anche i suoi valori spirituali e il suo programma pastorale.
In modo particolare la simbologia ruota attorno alla figura di Cristo Servo, il quale, secondo l’insegnamento di San Paolo, “pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce”. (Fil 2,6-8). Servire è la parola che, da sola, può riassumere tutta la vita di Gesù Cristo. Egli “non è venuto per essere servito ma per servire” (Mc 10,45); si è messo a servizio degli uomini fino a dare per essi la sua vita. Come Gesù il Vescovo deve esser servo dell’Evangelo, servo di quell’umanità che è ad immagine e somiglianza di Dio, icona di Dio. Volto della misericordia del Padre (Cf. Papa Francesco, Misericordiae Vultus, 1).
Questo messaggio fondamentale è espresso attraverso la composizione di smalti e figure che compongono il campo principale. Le due “cappe” innalzano invece delle figure poste a simboleggiare santi cari al titolare che nello spirito di autentico servizio hanno condotto la loro vita e la loro testimonianza cristiana.
L’argento del campo principale è il metallo che nella sua candida luminosità può meglio richiamare la trasparenza del cielo e l’idea cristiana della rivelazione. Dio ha mandato dal cielo il suo Figlio,che “è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la Rivelazione” (Dei Verbum, 2). Gesù è Logos incarnato e il discepolo è chiamato a “rimanere” in piena comunione con il Figlio di Dio, cioè amare e ricevere l’amore (agapê) proprio di Dio. Il Vangelo di Giovanni utilizza l’immagine della vite per indicare l’unione profonda e inscindibile tra Cristo e i discepoli, i quali accolgono la vita divina offerta dal Verbo incarnato, entrando nel mistero di conoscenza e amore che lega le Persone divine:
La vite, con l’immagine dell’agricoltore che ad essa è direttamente legata nella similitudine giovannea, ricorda inoltre nello stemma le origini contadine dell’Arcivescovo.
Queste origini sono richiamate anche dalla pianura di verde su cui è “nodrita” la vite. La pianura richiama l’impegno di un Vescovo, ma anche di ogni cristiano, a partecipare all’opera di Cristo nel mondo. Ogni uomo è chiamato a lavorare la sua parte di “terra”: è questo il suo servizio, la sua liturgia; si è servi perché chiamati, si è servi perché graziati, si è servi per libera offerta, si è servi per amore, si è servi perché Gesù Cristo, il Signore, è servo. Questi simboli richiamano una magnifica storia d’amore, vissuta giorno dopo giorno in una famiglia con semplicità.
Le tre stelle vogliono alludere al mistero della Trinità. Il cuore stesso del mistero di salvezza si fonda sul mistero della santa Trinità.
Le tre stelle hanno un secondo significato: compaiono sul capo e sulle spalle della Vergine nelle icone: simbolo della castità di Maria (Aeiparthenos), la sua verginità perpetua prima, durante e dopo il parto. Le tre stelle sono presenti nelle icone che stanno accompagnando la vita dell’Arcivescovo: della Madonna Greca (patrona di Isola di Capo Rizzuto, città di origine), della Madonna di Capo Colonna (patrona dell’Arcidiocesi di Crotone – S. Severina, Chiesa di origine), della Madonna della Bruna (patrona dell’Arcidiocesi di Matera – Irsina, Chiesa del servizio episcopale). L’azzurro delle stelle ben si spiega, vista la valenza mariana di questo colore.
Nella prima ‘cappa’, su un campo di rosso (colore evocante la carità, cioè la pienezza dell’amore, ma anche la suprema testimonianza del martirio) troviamo un libro aperto allusivo alla Parola di Dio che, accompagnato dalla presenza della spada posta in palo (cioè secondo l’asse verticale dello scudo), richiama anche la figura di San Paolo Apostolo. Il riferimento all’Apostolo delle genti ricorda che Mons. Caiazzo è stato Parroco di San Paolo Apostolo a Crotone prima della nomina episcopale.
L’azzurro della seconda cappa richiama il mare. Ancora c’è un riferimento alla terra di origine del titolare, bagnata dal mare. Ma viene richiamato anche un grave male dei nostri giorni, quello dell’indifferenza. Nel mare dell’indifferenza del nostro tempo spicca come un sole la figura di San Francesco da Paola, il santo eremita, patrono della Calabria, che operava prodigi a favore di tutti, in particolare dei poveri e degli oppressi. Troviamo infatti un’ombra di sole caricato dalla legenda “Charitas”. Si tratta del motto programmatico, poi diventato insegna dell’Ordine dei Minimi fondato da S. Francesco da Paola, che la tradizione vuole sia stato indicato al santo fondatore dall’Arcangelo Michele, in visione, ai primordi della fondazione nell’eremo primitivo di Paola.
Quanto al motto, esso è desunto da una dichiarazione di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero” (1Cor 9,19). Si tratta di una frase programmatica con la quale l’Apostolo delle genti presenta l’attuazione paradossale del proprio statuto di libero annunciatore del Vangelo.