Category Archives: Dalla Diocesi

PREGHIERA PER LA XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Anno C

Quanti precetti, Signore,

privi di anima

vuoti di amore!

Quanti maestri di leggi

in piedi in una sfida

che mostra l’umano:

impiegato del sacro

senza più Dio.

 

Quante falsità, Gesù,

nel ritmo di vita

di volti non visti

di luoghi calpestati

di corpi dolenti

di grida soffocate

ingoiate

negli abissi di acque salate

novelli sarcofagi.

 

Quanti bravi maestri, Gesù,

teorici incalliti

senza quell’amore

che genera vita

lasciano in arida

solitudine

frammenti di cuori

ai bordi delle strade

vittime senza sconto

cultura dello scarto.

 

Samaritano come te, Gesù,

per sporcarci le mani

guardare con pietà

avvicinandoci chini

a inondare di

speranza

a fasciare ferite

carico lieve

cura premurosa:

amore senza prezzo!

✠ Don Pino

PREGHIERA PER LA XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C

Distese di grano

biondeggiano

filari di uva

ricchi di nettare

dono del tuo amore,

Signore,

raccolti da pochi operai

per il bene

d’innumerevoli vite.

 

La messe è molta, Signore!

Tante mani impastano

perché si assapori il gusto

del pane

da tutti spezzato

mai più la guerra

né cuori induriti

né menti malate

né dei senza alito di vita.

 

La messe è molta, Gesù!

Ricchezza per tutti

carico d’amore

oltre ogni bisogno

presenza divina

che sazia

con uomini invitati

artigiani di Dio.

 

La messe è molta, Gesù!

Seme che germoglia

nel cuore di ogni uoo

porta frutto

bene già presente

fertile abbondanza

da macinare

nei mulini dell’amore.

 

La messe è molta, Signore!

In essa ci immergiamo

investiti dal tuo agire

che ci precede

tra lupi e rapaci,

armi insanguinate.

✠ Don Pino

 

PREGHIERA PER LA XIII DOMENICA DEL TERMPO ORDINARIO

Anno C

Con fermezza, Gesù,

procedi nel volere del Padre

bandendo l’umana convenienza

nell’offerta

di una vita consegnata

come olocausto:

amore gratuito

nella circolarità del dono.

 

Come seguirti, Gesù,

lungo le strade dell’oggi

intrise di ansie

paure e ingiustizie

di sangue innocente versato

calpestato

e ridare sorriso

a gelidi occhi?

 

Non annulli gli affetti, Gesù,

dilati il cuore

dell’umano

perchè torni a pulsare

nella durezza

di amori malati

di affetti infranti

di calcoli egoistici.

 

Affermi il primato di Dio, Gesù,

nel viaggio della vita

per liberarci dalle nostre certezze

e non vagare invano

tra i fuochi dei giudizi

passi lenti e faticosi

sulle tue orme

fino a Gerusalemme.

✠ Don Pino

 

PREGHIERA PER LA FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

 

Dio nostro Padre,

che hai reso possibile la nascita di S. Giovanni Battista

oltre i limiti dell’umana natura,

per preparare la strada a tuo Figlio Gesù,

rendi la tua Chiesa colma di speranza

con la gioia dei doni dello Spirito Santo

perché sia feconda nella novità della vita.

 

Gesù, Maestro e Signore

tu che, nel grembo di Maria, Madre tua e Madre nostra,

hai suscitato la danza di S. Giovanni Battista

nel grembo della tua parente Elisabetta,

guida la tua Chiesa sparsa nel mondo,

sulla via della salvezza

seminando pace e giustizia.

 

Spirito Santo Dio,

che hai reso Elisabetta profeta del tempo

riconoscendo Maria come madre del Signore,

continua a parlare ancora oggi

con la voce di Giovanni Battista,

nei vasti deserti dell’umanità,

e donaci fiumi di acqua viva.

 

Maria, Vergine Santa,

che hai visto nascere il Precursore di Gesù,

avvolgendolo di amore materno,

intercedi per noi, figli tuoi,

perchè ritroviamo il senso della fraternità

e sanare il mondo

dalle piaghe lacere degli uomini sfioriti.

 

Antonio Giuseppe, Arcivescovo

 

Omelia dell’Arcivescovo-Vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo per la festa di san Giovanni Battista

 

Basilica Cattedrale – Cesena 24 giugno 2025

 

La festa che celebriamo oggi, in modo solenne, ci aiuta a riflettere sull’opera di Dio nella storia degli uomini. Una storia attraversata in modo silenzioso, spesso non capita, ma impregnata di quella promessa alla quale Dio è fedele sempre. La storia di Giovanni Battista potrebbe essere la nostra perché anche in ognuno di noi, credenti e non, a volte in modo misterioso, altre volte in modo diretto, il Signore interviene affinchè ognuno diventi protagonista per il bene dell’umanità.

Carissimi fratelli e sorelle nella fede, autorità civili e militari, confratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi e religiose, vi saluto e ringrazio per la vostra presenza, in questo giorno tanto caro ai Cesenati, per la festa della nascita di S. Giovanni Battista.

Il Dio nel quale crediamo è il Dio della speranza, che porta speranza, facendo ringiovanire anche la carne invecchiata perché diventi feconda di vita. E’ indicativo e significativo che Zaccaria ed Elisabetta, avanti negli anni, ormai vivono da rassegnati, senza più prospettive per il futuro. Un futuro che appare buio, senza intravedere uno squarcio di luce. Eppure, nonostante la l’apparente rassegnazione, non si spegne in loro la confidenza in quel Dio che continuano a servire. Quante umiliazioni, quanti giudizi subiti! L’hanno servito, amato, ascoltato, seguito, ma la loro esistenza è risultata mancante di quella fecondità che ridà il sorriso, la voglia di danzare.

Zaccaria ed Elisabetta hanno sofferto per tutta la vita a causa della loro sterilità. Si sono sentiti umiliati nel subire un’ingiustizia così grande. I loro desideri infranti, i loro progetti portati via dal vento senza nessuna risposta. Ed è proprio quando ormai tutto volgeva al termine che avviene l’imprevedibile, l’impensato: improvvisamente la speranza si riaccende, la vita ritorna a pulsare nel ventre ormai vecchio di Elisabetta.

Oggi vediamo la nostra gente, come Elisabetta e Zaccaria, stanca, sfiduciata, bisognosa di speranza, affamata di giustizia. La pandemia prima e i tanti conflitti di guerra aperti in questo tempo, hanno ulteriormente aggravato la situazione, facendo emergere il lato più brutto dell’umanità, quello che sfrutta le debolezze e la criticità del momento e che, senza scrupoli né etica, ha innalzato il suo dio, il dio denaro, a idolo da adorare. E in questo contesto, a pagare sono sempre e solo i poveri.

Insieme, noi tutti organismi che lavoriamo per il bene comune della nostra gente e del nostro territorio, siamo invitati a trovare, seppur nella diversità e nel rispetto delle opinioni, un linguaggio che esprima il senso della collegialità, del rispetto, della progettualità seria e condivisa. Come ha ricordato a noi vescovi recentemente, Leone XIV, “È in questo modo che siete chiamati a vivere il vostro ministero: collegialità tra voi e collegialità con il successore di Pietro. Questo principio di comunione si riflette anche in una sana cooperazione con le Autorità civili. La CEI è infatti luogo di confronto e di sintesi del pensiero dei Vescovi circa le tematiche più rilevanti per il bene comune. Essa, all’occorrenza, orienta e coordina i rapporti dei singoli Vescovi e delle Conferenze episcopali regionali con tali Autorità a livello locale”.

La nascita di Giovanni Battista scioglie la lingua di suo padre che era rimasto muto perché non si era fidato delle promesse di Dio, nonostante continuasse a servirlo nel Tempio come Sacerdote. Questo ci dice che si può essere di Dio ma non sempre si è capaci di parlare nella quotidianità il linguaggio di Dio che si fa carne nella nostra carne. Il mutismo di Zaccaria è il mutismo dell’umanità, della Chiesa, del potere, di fronte alle tante ingiustizie che vengono perpetrate nel tempio e nel tempo. E’ il mutismo di chi si lascia avvolgere dagli incensi, che si lascia ammaliare dalle parate, dai titoli e posti da occupare, senza servire la vita, amarla, accompagnarla. Meglio ancora, senza viverla.

La lingua che si scioglie esprime la forza, che viene dall’alto, di rendere possibile ogni cosa, di andare controcorrente, sfuggendo alla tentazione del “si è sempre fatto così”. E’ questo il senso del nome che viene dato al nascituro: non il nome di suo padre, secondo tradizione e consuetudine, ma Giovanni che significa «il Signore fa grazia, misericordia». E’ il programma che Dio continua a portare avanti per il bene dell’uomo, su tutta la terra, nonostante questi talvolta gli stia lontano.  Per il Giubileo dei politici, Papa Leone XIV ci ha indicato tre linee di riflessione per una politica autenticamente al servizio della persona e della società: giustizia, dialogo, innovazione. Primo, il richiamo a una maggiore equità sociale. Una buona politica, ci ha ricordato, può prevenire ingiustizie e conflitti, favorendo “un’equa distribuzione delle risorse” e promuovendo la pace. Da qui il riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, presentata come ulteriore fondamento per una politica che metta la persona al centro, riconoscendone la dignità integrale e rispettandone la coscienza. Ancora, il Papa ha voluto sottolineare quanto sia importante che i politici vigilino affinché “la tecnologia non diventi strumento di controllo o esclusione”, ma resti “al servizio del bene comune e delle giovani generazioni”.

Se come modello ha citato Tommaso Moro, non da meno per noi Cesenati è Giovanni Battista, fin dalla nascita chiamato a preparare la strada al Signore, nonostante fosse come “voce di uno che grida nel deserto”. E’ uomo di giustizia che difende e desidera il bene del popolo, che denuncia soprusi e inganni, che paga con la vita. Ogni volta che si scioglie la lingua a qualcuno che parla il linguaggio di Dio, meglio che parla da Dio, la gente rimane stupita, affascinata, ma anche perplessa e timorosa. Mi piace dire con un linguaggio laico, attraverso la poesia e la musica del grande Franco Battiato, cosa si avverte e si vive:  “perché mi piace ciò che pensi e che dici. Perché in te vedo le mie radici … Cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male, essere immagine divina di questa realtà. E ti vengo a cercare perché sto bene con te, perché ho bisogno della tua presenza”.

Come scrivo nella mia prima lettera pastorale, che a giorni vi sarà consegnata, “siamo, dunque, parte integrante di un mondo ferito che ci precede e ci accompagna. Sono ferite che sentiamo aperte e sempre più incancrenite. Chi ne paga il prezzo più caro sono proprio i fragili, i piccoli, i diseredati, gli indifesi, perché esclusi dal benessere, dalla giustizia sociale, dalla libertà e dai diritti umani; sono esclusi dalla tenda di cui parla Isaia sotto la quale c’è un pane condiviso, dalla casa comune che ci ospita come figli e fratelli”.

Da Cesena, in questo giorno solenne, vogliamo anche noi, sull’esempio del nostro Santo Patrono, Giovanni Battista, lanciare un appello affinchè si metta fine ad ogni guerra, qualunque essa sia. Se è vero che tutti i Paesi hanno il dovere di operare e agire per vivere in pace, anche noi individui siamo invitati ad avviare percorsi che portino alla riconciliazione. Ognuno di noi, soprattutto dopo aver partecipato a questa eucaristia, deve sentirsi coinvolto nel tracciare solchi di giustizia e di pace, contribuendo a costruire un mondo più sicuro nel rispetto e nella promozione dei diritti e della dignità di tutti.

La Madonna del Popolo preghi per noi e S. Giovanni Battista sia nostro esempio di vita spirituale, di vita morale, d’impegno civile.

D. Pino, Arcivescovo

 

Giornata sacerdotale a Martorano

Alla vigilia della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, giornata di preghiera per la santificazione sacerdotale, si rinnova l’incontro del clero presso il Santuario di Martorano.

Dopo la meditazione e la preghiera di adorazione eucaristica, mons. Vescovo presenterà la sua prima lettera pastorale con le indicazioni per il prossimo anno. “L’amore di Cristo ci possiede” (2Cor 5,14) è il titolo del testo che sviluppa il tema della carità, in continuità con quanto proposto da S. E. Mons. Regattieri negli anni scorsi sulle virtù teologali della fede e della speranza.


PREGHIERA AL TERMINE DELLA PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI

 

Sei passato, Gesù,

tra le nostre strade,

pane spezzato

vino versato

cibo e bevanda di salvezza.

Rifiorito è il sorriso

seminata è la speranza

restituita è la dignità perduta.

 

Sei rimasto tra noi, Gesù,

compagno di viaggio

Parola di vita

nello sconforto

pane donato

condiviso con noi

per risorgere in Te

nella tua Chiesa.

 

Ti abbiamo gustato, Gesù,

hai riacceso nei cuori

il fuoco ardente

desiderio d’eternità

sapore di vino nuovo

custodito

nei nostri otri ritrovati

e fragranza del pane.

 

Ci hai radunati, Gesù,

attorno alla tua mensa:

respiriamo il profumo

la comunione

la giustizia

ripudiamo l’ubriachezza

dei beni di questo mondo

religione dell’apparire.

 

Ci hai inviati, Gesù,

attraverso la Chiesa,

ad essere Eucaristia

ad entrare nelle solitudini

sostare nelle povertà

curare le ferite di chi soffre

asciugare le lacrime

di chi è disperato.

 

Torniamo a te, Gesù,

per essere sfamati

guariti

protesi verso la vita nuova

che distrugge ogni morte

riaccende la speranza

adora la vita.

Torniamo a te, Gesù.

✠ Don Pino

Omelia dell’Arcivescovo-Vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo per al Solennità del Corpus Domini

Basilica Cattedrale Cesena  26 giugno 2025

 

Carissimi,

insieme siamo riuniti come l’unico corpo di Cristo, l’unica famiglia di Dio. Questo senso di appartenenza ci conferma che solo insieme esprimiamo la Chiesa (laici, vescovo, sacerdoti, diaconi, religiosi/e) e mostriamo la bellezza di essere immagine e somiglianza di Dio, così come abbiamo meditato domenica scorsa. Siamo inseriti nel mistero trinitario dove la relazione tra le persone esprime la pienezza dell’amore fecondo, mentre la solitudine e l’isolamento producono la sterilità di un amore autoreferenziale.

Nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità del Corpus Domini, cogliamo soprattutto la dimensione ecclesiale, il Corpo di Cristo che siamo tutti noi, la sua vita offerta per noi, il suo sangue versato per la nostra salvezza. Eppure, carissimi fratelli e sorelle, confratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi e religiose, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia cogliamo la presenza viva del Signore.

Ma, ripensando all’istituzione dell’Eucaristia, c’è stato un momento durante il quale il maligno si è messo all’opera attraverso il tradimento di Giuda. Potremmo dire che è stata l’occasione per rimandare al lievito vecchio, facendo riaffiorare la nostalgia della schiavitù, le cose vecchie e non risolte, la logica “del si è fatto sempre così” senza lasciarsi fermentare dalla novità che lo Spirito suggerisce alla Chiesa.

Ci meravigliamo? Eppure non succede anche a noi o nelle nostre assemblee liturgiche di partecipare mantenendo rancori personali e incapacità di perdono? Ed è pur sempre nell’Eucaristia che si avverte più forte il dolore per le ferite che sanguinano: è esattamente il momento in cui riusciamo a leggere la nostra storia, quella degli altri, dell’umanità intera responsabile talvolta di coltivare la cultura dello scarto, lasciando che bimbi, donne e uomini vengano restituiti dal mare sulle spiagge, uccisi da bombe che hanno ricevuto come unica intelligenza quella di annientare la vita inerme e indifesa impregnando la terra di sangue innocente.

E’ proprio nell’Eucaristia, mentre giustamente gridiamo la nostra paura e il dolore dell’umanità intera a causa di ingiustizie, vendette, lotte e distinzioni stupide tra popoli e religioni, che troviamo il vaccino della gratuità dell’amore di Dio che si dona come farmaco che contemporaneamente guarisce e nutre ogni uomo, quindi la Chiesa. Questo volto di Chiesa deve trasparire. E’ nell’Eucaristia che Gesù si è fatto nostro cibo e bevanda di salvezza consentendoci di essere in comunione piena con lui, attraverso la comunione che si vive con i fratelli. E’ esattamente il contrario di quella forma rituale che diventa ripetitiva esclusivamente per rispettare un precetto e ricevere la comunione ma senza vivere la comunione. E’ la logica dell’abitudine, della ripetitività formale.

L’Eucaristia è mistero che si svela e aiuta il nostro cuore a dilatarsi per esprimere gratitudine a Dio che si è fatto carne e cibo di vita eterna. E’ esperienza concreta che ci invia nel mondo per diffondere il buon profumo del Vangelo, aiutando a costruire un’umanità nuova.

Nella prima lettura la figura di Melchisedek appare come il Re di Salem che porta “pane e vino”. Conosciamo meglio Melchisedek attraverso la lettera agli Ebrei che lo definisce “Re di giustizia, abita nella pace, è Re da dove è la pace, venera e adora il Dio Altissimo, il Creatore del cielo e della terra, e porta pane e vino” (cfr Eb 7,1-3; Gen 14,18-20).

Benedetto XV ci ha insegnato che i “I Padri hanno sottolineato che è uno dei santi pagani dell’Antico Testamento e ciò mostra che anche dal paganesimo c’è una strada verso Cristo e i criteri sono: adorare il Dio Altissimo, il Creatore, coltivare giustizia e pace, e venerare Dio in modo puro. Così, con questi elementi fondamentali, anche il paganesimo è in cammino verso Cristo, rende, in un certo modo, presente la luce di Cristo”.

Dalla lettura dei testi biblici la figura di Melchisedek viene presentata più grande dello stesso Abramo: Dio lo rende sacerdote attraverso la sua unzione e non per discendenza, divenendo profezia del sacerdozio puro e santo del suo Messia. Il pane e quel vino offerti da Melchisedek rivelano a noi cristiani che l’Eucaristia è stata da sempre nella mente e nel cuore di Dio come un desiderio da compiere nella storia degli uomini.

Siamo dunque chiamati, in quanto uomini, a diventare uno con Dio: questo è il vero culto gradito a Dio.  Diversamente si corre il rischio di «allungare i filatteri» curando la propria immagine, difendendo il proprio ruolo nella diversità ministeriale, a scapito dell’intera comunità. E, invece, siamo invitati a far crescere il desiderio di costruire ponti di fraternità, fermandoci e ascoltando le storie degli uomini d’oggi da rileggere e rimeditare in preghiera davanti a Gesù Eucaristia. La fragranza del pane spezzato permette di scrivere nuove pagine di umanità che hanno il profumo della profezia e della speranza.

Papa Leone XIV, nel recente incontro con noi vescovi italiani ci ha ricordato: “Innanzitutto, è necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità (cfr Cost. ap. Humanae salutis, 3), rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi»” (1Gv 1,3).

Sia dalla seconda lettura che dal Vangelo capiamo che l’Eucaristia non è solo pane e vino che attraverso la transustanziazione diventano “corpo” e “sangue” di Cristo, ma pane spezzato e vino versato. In questo modo riusciamo a cogliere il senso della sua vita offerta per noi. E la logica del dono ci aiuta a capire che celebrare l’Eucaristia, ricevere Gesù Eucaristia, non significa stare bene, aver soddisfatto il precetto, aver ricordato l’anima di una persona cara. E’ anche questo! Ma prima di tutto cogliere che partecipare all’Eucaristia significa spendere come Gesù, la propria vita in un dono, che si fa pane spezzato e nutrimento per il bene dei fratelli.

A noi, come ai discepoli, Gesù ci dice di non avere paura dello scenario vasto e sofferente che si dipana dinanzi i nostri occhi. Di non perderci d’animo se anche oggi ci sono solo “cinque pani e due pesci”. E’ lui il pane disceso dal cielo, è lui il cibo di vita eterna, è lui che si è spezzato per tutti.

Ieri, come oggi, non si tratta di soddisfare solo il bisogno materiale del momento, ma di intridere nel cuore di chi ha fede il grande insegnamento della condivisione: i discepoli devono dare “loro stessi da mangiare”. Questo ci fa capire che non è possibile staccare il dono del “Pane di vita” dalla passione, morte e risurrezione. Banchetto conviviale e banchetto sacrificale stanno insieme. Se partecipare alla celebrazione eucaristica significa fare festa e convivialità, non bisogna mai dimenticare che il mistero pasquale è passione, morte e risurrezione, quindi il banchetto eucaristico resta sempre banchetto sacrificale.

Al termine della celebrazione, vivremo la processione eucaristica. Con Gesù Eucaristia attraverseremo alcune strade della nostra città, per diffondere e fortificare la speranza, nutrire la fiducia, seminare la pace, ritornare a credere nell’uomo abitato e illuminato dalla presenza divina.

La Madonna del Popolo, con i santi Mauro e Vicinio, ci accompagnino nel seguire e ascoltare Gesù, nostra speranza. Così sia.

D. Pino, Arcivescovo

 

 

 

PREGHIERA PER LA SOLENNITA’ DEL CORPUS DOMINI

Hai scelto la carne, Signore,

corpo da abitare

umano e divino inscindibili

circolarità dell’amore

nutrimento

condivisione

come pane da spezzare

vino da inebriare.

 

Al tramonto del sole, Signore,

ristori le stanche membra

di infinite folle

affamate di te:

ti servi di altre mani

tendi le tue

nel fisico contatto

che genera vita.

 

Hai dato te stesso, Gesù,

come cibo

per essere da te

rigenerati

nella tua sostanza divina

seno fecondo

di vita eterna:

carne trasfigurata.

 

Continua a benedire, Gesù,

stesso pane impastato

adagiato sull’altare

profumo di Eterno

respiro di Dio

presenza tra gli uomini

soave sapore

da gustare e custodire.

✠ Don Pino