ConCattedrale di Sarsina 28 agosto 2025
⁶ [Il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in quel giorno che io dicevo: “Eccomi!”»].
Questo versetto precede la lettura di Isaia che è stata proclamata, che contiene la presentazione che Dio fa di se stesso, dicendo alla fine: “Eccomi”. La storia della salvezza è stata da sempre segnata dalla presenza di Dio in mezzo al suo popolo, soprattutto nei momenti difficili, di scoraggiamento, di guerre, di ingiustizie, di distruzioni. E’ il “SI” di Dio all’uomo che risponde “No” a Dio attraverso scelte scellerate che mortificano la dignità dell’uomo stesso, della terra. Dio si propone come bellezza che l’uomo spesso vanifica ogni volta che si pone al posto di Dio, anzi lui stesso si fa Dio decidendo della sorte di interi popoli e nazioni da annientare; espropriando con la violenza la terra da sempre abitata, coltivata, amata; imponendo una lingua non propria, rubando e deportando migliaia di bambini da indottrinare secondo logiche di potere assoluto e populista.
Dio dice il suo “Eccomi”, anche oggi: all’uomo che si sta macchiando le mani di sangue innocente che continua con assurda crudeltà a far scorrere a Gaza, in Palestina, in Ucraina, nel Congo, nel Sud Sudan e in tante parti della terra. Dio è presente nei prigionieri che pagano il prezzo di un sacrificio cruento pianificato nel tempo.
La situazione che ci presenta il profeta Isaia 800 anni prima della venuta di Cristo sulla terra è atroce come quella attuale.
Anche oggi, come allora, l’Eccomi di Dio è invito all’Eccomi dell’uomo a Dio, perché non si parli di Dio se non si conosce se non attraverso ricordi di infanzia o culti tradizionali senza più anima e si incominci a parlare da Dio attingendo alla vera fede. Esattamente come S. Vicinio che ascoltando la voce di Dio si è lasciato condurre sulle nostre montagne per lasciarsi riempire della sua divinità ed essere come lui, pronto a scendere a valle e guidare la Chiesa di Sarsina come Pastore.
Oggi come allora vediamo i nuovi deportati di Babilonia, gli esuli costretti a stare lontani dalle loro terre. Penso al loro nostalgico ricordo: “Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion” (Sl 137,1). Continuiamo a vedere e sentire anche oggi la tristezza e l’inquietudine di chi sta sopportando privazioni, umiliazioni, angoscia continua. E anche noi spesso gridiamo a Dio dicendo: “Signore dove sei? Ti sei dimenticato di noi? Anche oggi vorremmo schiudere il nostro orecchio e sentirci dire da te: “Eccomi”.
Vorremmo vedere anche oggi la carovana degli esiliati in cammino, come quelli di Babilonia, che ritorna nella propria terra, per ricostruire la propria casa, il proprio futuro sulle macerie che altri hanno procurato.
Ma comprendiamo che Tu, come a S. Vicinio, anche a noi, chiedi di essere come quel messaggero che staccatosi dalla carovana dei luoghi comuni, ha il coraggio di annunciare, anche a piedi scalzi, la pace: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annunzia la salvezza” (v 7).
Carissimi fedeli tutti, confratelli nel sacerdozio, diaconi, autorità civili e militari, vi saluto con affetto e vi ringrazio per la vostra presenza e partecipazione. Ma aggiungo che abbiamo il sacrosanto dovere di contagiare quanti incrociamo sulla nostra strada, direi tutti, come le sentinelle che, intuendo la lieta notizia, la gridano a tutti! E’ lo stesso grido del nostro santo protettore a favore del suo popolo che ha saputo mostrare con la sua vita cosa significhi servire Cristo, la Chiesa, l’uomo e il territorio che abita. Non una fede disincarnata ma protagonista tra gli uomini che hanno bisogno di essere liberati dalle tantissime schiavitù, vecchie e nuove.
Nonostante tutto, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, Gesù continua a fidarsi di noi. Esattamente agli stessi uomini che lo hanno tradito, abbandonato, che erano spaventati e fragili, affida il compito di annunciare il Vangelo, la buona notizia. Che non significa fare proseliti, riempire le chiese di adepti, programmare e organizzare progetti pastorali (certo, anche questo è importante), bensì portare al cuore dell’uomo un messaggio di luce, di amore, di vita. La vera fede è riuscire a superare la tentazione del male capace di rovinare le persone e interi popoli.
I demoni, i serpenti, i veleni, le malattie, di cui si parla nel Vangelo, descrivono la realtà fatta di nemici, scontri e difficoltà, sofferenze e malattie, da cui siamo liberati se abbiamo la forza di affrontarli, coscienti che Gesù è in noi. Con Lui tutto è possibile. S. Vicinio non ha sconfitto il male solo con gli esorcismi, così come anche oggi si fa nella Chiesa, ma indicando la Via, la Verità e la Vita, Gesù, vincitore su ogni forma di male, compreso l’ultimo nemico che è la morte: l’ha distrutta con la sua risurrezione.
Ricevere la benedizione con la catena è importante ma non può essere ridotta a una forma superstiziosa: è per l’intercessione di S. Vicinio che siamo liberati dal male che ci impedisce di stare bene con noi stessi, di cogliere l’altro come fratello e sentirci protagonisti nella realizzazione della civiltà dell’amore fondata sulla fraternità. E’ questo d’altronde il senso del Giubileo che stiamo celebrando. Noi abbiamo bisogno di Dio e il mondo ha bisogno di noi portatori della buona notizia.
Infatti la conclusione del brano evangelico ci presenta Gesù che ascende al cielo. Finisce la missione di Gesù sulla terra e inizia quella della Chiesa, fatta di uomini e donne che hanno saputo accogliere Lui nella propria vita e il suo messaggio di salvezza.
Ecco perché il nostro convenire in questa Concattedrale, Santuario a noi tutti tanto caro, ci aiuta a capire che siamo chiamati a guardare alla nostra vita terrena non come se fosse un’avventura, un momento da godere fino a quando ne abbiamo tempo, ma come un valore che ci riporta alla ragione per capire perché siamo stati creati, perché viviamo, da dove veniamo e dove andiamo. Significa che dobbiamo vivere questo tempo rimanendo in comunione con Gesù, per essere pronti, al momento opportuno a rimanere per sempre con Lui in Cielo. “In questo senso l’Ascensione rinnova nella chiesa la promessa del Signore della sua “presenza perfetta ed eterna, che è vittoria sulla solitudine assoluta, anche e soprattutto il trionfo su quella solitudine estrema che è la morte” (G. Ravasi – Secondo le scritture Anno B ed. Piemme).
Il nostro S. Vicinio ci aiuti a ritrovare la gioia di vivere, liberi da ogni compromesso con il male, per essere amanti della vita che va difesa, amata e promossa; seminatori di pace e di giustizia in tutte le parti del mondo incominciando dalle nostre famiglie.
Così sia.
✠ Don Pino